L’ospedale San Bortolo è il primo in Italia a formalizzare l’utilizzo della tecnologia di prototipazione rapida a supporto della preparazione degli interventi e del dialogo con i pazienti. Firmato oggi il protocollo d’intesa tra ULSS 8 Berica, Clinica Universitaria di Padova e l’azienda Stefanplast.
Negli ultimi anni si è parlato molto in medicina dell’utilizzo delle stampanti 3D per la produzione di protesi, ma alla Cardiochirurgia dell’ospedale San Bortolo di Vicenza per la prima volta è stato messo a punto un approccio innovativo, nel quale questa tecnologia trova invece impiego per una migliore preparazione degli interventi complessi e potenzialmente a rischio e allo stesso tempo per agevolare il dialogo con i pazienti e i loro familiari.
La procedura
Il progetto è stato ideato e scritto dall’Unità Operativa Complessa di Cardiochirurgia dell’ospedale vicentino per i pazienti con anatomie particolarmente complesse o comunque difficili, per le quali la sola diagnostica per immagini, che è per forza di cose bidimensionale, non consente di ottenere un quadro sufficientemente chiaro: in questi casi l’immagine della tac viene trasformata in un file compatibile con lo standard richiesto dalle stampanti 3D, utilizzato poi per realizzare un modello tridimensionale dell’aorta – ma se necessario anche di tutto il cuore – del paziente, riproducendo esattamente la sua specifica anatomia e con essa la problematica sulla quale è necessario intervenire.
Il protocollo firmato oggi
L’utilizzo di questa metodica innovativa – la Cardiochirurgia del S. Bortolo è il primo ospedale in Italia ad avere standardizzato questa procedura – è stato formalizzato oggi, con la firma di un protocollo d’intesa tra la Cardiochirurgia, la Chirurgia Vascolare, la Cardiologia e la Radiologia del S. Bortolo, la Chirurgia Vascolare della Clinica Universitaria di Padova – che collabora al progetto – e l’azienda vicentina Stefanplast, che oltre a finanziare il programma per i primi 30 modelli, fornisce anche la tecnologia, i materiali e le competenze necessarie, occupandosi direttamente della stampa dei modelli 3D.
I benefici per i pazienti
Nelle ultime settimane all’ospedale di Vicenza questa metodica è già stata utilizzata con successo su tre pazienti particolarmente complessi, evidenziando vantaggi significativi. «Quello che realizziamo non è un dispositivo medico – sottolinea il dott. Paolo Magagna, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia della Aorta Toracica – tuttavia è estremamente utile, per vari scopi. Innanzi tutto perché ci consente di vedere più chiaramente aree e situazioni difficili da identificare con la sola diagnostica per immagini: in questo modo possiamo studiare meglio l’intervento, testare quello che si potrebbe incontrare in sala operatoria, decidere con maggiore cognizione di causa la metodica più adatta. Con il modello 3D infatti possiamo osservare in modo tangibile l’anatomia del paziente, l’origine e l’angolazione delle principali diramazioni arteriose, la conformazione del suo arco aortico, la sede e l’origine delle lesioni. In generale, in questo modo possiamo arrivare all’intervento più preparati. Vi è poi un altro beneficio, non trascurabile: il modello ci è di grande aiuto nello spiegare al paziente e ai suoi familiari l’anomalia diagnosticata e come intendiamo procedere, perché il paziente può finalmente vedere dove sta il problema e di fatto toccarlo con mano. L’ultimo aspetto riguarda la didattica: sicuramente in prospettiva futura poter disporre di una serie questi modelli, ciascuno rispondente ad un caso concreto, sarà un prezioso strumento per migliorare la preparazione dei nuovi cardiochirurghi e cardiologi».
Il processo di realizzazione
Per la trasformazione del file acquisito mediante la tac in uno utilizzabile dalla stampante 3D occorrono circa 7-8 ore, mentre per la stampa di un modello dell’aorta sono necessarie 24 ore, che possono diventare 72 nel caso di modelli più complessi che riproducono non solo l’aorta ma anche il cuore: una tempistica che rispecchia la complessità dell’operazione, ma che consente comunque – in caso di urgenza – di mettere a disposizione dell’equipe chirurgica il modello nel giro di 3 giorni.
L’elaborazione del file è affidata ad un consulente specializzato, mentre la stampa del modello viene svolta direttamente da Stefanplast. Naturalmente le immagini vengono fornite dall’Ulss 8 Berica in forma del tutto anonima, nel totale rispetto della privacy dei pazienti.
Una grande collaborazione dentro e fuori l’ospedale
Alla base del progetto, infatti, vi una grande collaborazione dentro e fuori l’ospedale, come sottolinea Giovanni Pavesi, direttore generale dell’ULSS 8 Berica: «Sicuramente un progetto così complesso è diventato realtà grazie al grande lavoro di squadra che c’è tra tutti i reparti coinvolti: la Cardiochirurgia, la Chirurgia Vascolare, la Cardiologia, ma anche la Radiologia che acquisisce le immagini. E allo stesso tempo è un esempio eccellente di collaborazione tra pubblico e privato, perché in questo caso l’azienda coinvolta non si limita a offrire delle risorse finanziarie, che sono comunque sempre importanti, ma ci mette a disposizione tutta la sua tecnologia e le sue competenze tecniche e professionali per la realizzazione di modelli 3D estremamente accurati».
Approfondimento: la patologia dell’aorta
Viene definita dagli specialisti un “killer silenzioso”, perché nella maggior parte dei casi non presenta alcun sintomo: la diagnosi spesso avviene in modo del tutto fortuito, oppure quando il paziente è già in una situazione di criticità, e in questo caso la mortalità può arrivare fino al 30%. È la patologia dell’aorta, la più grande e importante arteria del corpo umano, che emerge dal ventricolo sinistro del cuore e ha il compito di trasportare il sangue ossigenato a tutto il resto del corpo attraverso i vasi sanguigni principali ad essa collegati. Nelle sue varie forme, ha un’incidenza di circa 16 casi ogni 100 mila abitanti e solo in Italia, ogni anno, è responsabile di oltre 6 mila decessi.
La patologia dell’aorta comprende infatti una serie di gravi quadri clinici (dissecazione aortica, ematoma intramurale, rottura traumatica, ulcera penetrante, aneurisma), con un considerevole tasso di mortalità nel caso di mancato trattamento.
Nella maggior parte dei casi il trattamento chirurgico rappresenta l’unica opzione terapeutica possibile. Negli ultimi decenni, lo sviluppo delle tecnologie e dei materiali, nonché l’accresciuto “know-how” degli specialisti dedicati, ha fatto sì che siano migliorati di molto i risultati sia in termini di mortalità che di morbilità.
Il corretto “imaging”, la tempestività della diagnosi, la creazione di percorsi diagnostico-terapeutici dedicati a questa tipologia di pazienti, che includono anche lo screening genetico, sono elementi determinanti per offrire al paziente una corretta indicazione chirurgica, un timing adeguato ed un “planning” procedurale sempre più preciso ed accurato.