Questa pagina riporta le riflessioni elaborate dal Comitato di Etica per la Pratica Clinica dell’Azienda ULSS 8 Berica riguardo alla legge 219/2017 – in particolare per quanto previsto nella parte che riguarda le Disposizioni Anticipate di Trattamento. Con queste riflessioni, il Comitato vuole offrire un aiuto alle persone che desiderano avvalersi di quanto previsto dalla legge e lasciare disposizioni di cura in previsione di un’eventuale futura incapacità di decidere.
Il testo è suddiviso in alcuni brevi capitoli:
- Il senso della legge 219/2017
- Come decidere
- Come scrivere un documento che sia valido
- Cosa scrivere
- Come esprimersi? Sono utili i modelli prestampati?
- Che garanzia abbiamo che quello che scriviamo sarà rispettato?
- Come far conoscere le proprie DAT
- Dalle DAT alla Pianificazione Condivisa delle cure
Il senso della legge 219/2017
Ogni persona ha il diritto di gestire, per quanto possibile, la propria storia. Significa che ognuno di noi può scegliere come vivere: facciamo scelte piccole (quali vestiti mettersi la mattina, cosa mangiare a pranzo, con chi passare il sabato sera) e scelte grandi (quale percorso di studi intraprendere, che lavoro fare, con chi condividere un progetto di famiglia).
La legge 219/2017 dice che ognuno di noi ha il diritto di gestire responsabilmente la sua storia personale anche per quanto riguarda la gestione del percorso di malattia e di cura: ha il diritto di avere tutte le informazioni che gli sono necessarie e di essere aiutato a capirle, di ricevere tutte le proposte terapeutiche che hanno un senso clinico e di essere accompagnato a decidere quali accettare o meno, programmando il suo percorso terapeutico in accordo con i propri valori.
E questo vale anche quando non saremo più in grado di decidere (per esempio per una forma avanzata di demenza, per uno stato vegetativo), e soprattutto quando la nostra storia si avvia a finire. Ogni storia arriva prima o poi ad incontrare un limite biologico che – secondo natura – potrebbe segnarne la fine. Chi cura spesso ha i mezzi per forzare questo limite, per guadagnare ancora ore e giorni, talvolta anche mesi ed anni. Non sempre questo significa tornare in salute; talvolta vuol dire comunque tirare avanti. Con fatica, magari; ma vivi. Il problema diventa allora decidere fino a che punto si possono forzare i limiti che la biologia pone alla nostra vita, e fino a che punto farlo è una cosa giusta e buona.
La legge dice che la decisione spetta alla persona: è lei la protagonista della sua storia. La legge offre anche la possibilità di prendere per tempo queste decisioni, lasciando delle disposizioni scritte che chi cura dovrà rispettare, nel momento in cui la persona non sia più in grado di dire quello che vuole per sé. Queste disposizioni si chiamano Disposizioni Anticipate di Trattamento e vengono indicate con la sigla DAT. Scrivere le proprie DAT non è un obbligo. Se una persona decide di non farlo, vuol dire che si fida del fatto che i medici e gli infermieri che dovranno prendersi cura di lui, d’accordo con i suoi familiari, sapranno prendere le decisioni giuste. Chi invece preferisce lasciare disposizioni scritte, può farlo con la ragionevole certezza che questo indirizzerà le scelte e le decisioni. Il tutto, sapendo che le DAT sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento. Nel caso in cui la persona sia già affetta da una malattia progressiva, potrà anche scegliere di pianificare insieme al medico curante le scelte terapeutiche, passo dopo passo (Pianificazione Condivisa delle Cure). La legge assicura che queste decisioni verranno rispettate anche quando la persona non sarà più in grado di esprimere il proprio consenso.
Come decidere
Ogni persona che desidera lasciare delle disposizioni deve essere in grado di farlo nel migliore dei modi. Il primo passo importante da fare è decidere cosa scrivere. Per fare questo sono necessari almeno tre passaggi.
Il primo è quello di prendersi un po’ di tempo. È necessario infatti che chi vuole scrivere le DAT si fermi un momento e rifletta su cosa significhi per sé una ‘vita buona’, quando questa si avvia al termine. Detto in altro modo, deve decidere quale sia il significato di una terapia che può prolungare la vita quando questa vita stia arrivando verso la sua fine: fino a che punto vuole che la terapia medica sia protratta al massimo e quando invece pensa di potere fermarsi, accettando che la sua storia possa finire.
Non è una riflessione facile, ma è necessaria perché è quella che poi permetterà di fare scelte adeguate. Essa si focalizza non solo sugli interventi ma soprattutto sugli esiti del trattamento perché sono questi che sono importanti per il nostro progetto di cura.
Ovviamente, fino al momento in cui una persona è in grado di decidere e di farsi capire, può dire cosa vuole che le venga fatto e cosa invece rifiuta. Le decisioni per le quali è necessario che una persona lasci qualcosa di scritto riguardano il momento in cui essa non sarà più cosciente.
Per fare al meglio questa riflessione, sono utili alcune domande:
- Qual è per me il senso di una ‘vita buona’, per la quale chiedo a chi mi dovrà curare di continuare a lottare contro i limiti biologici della mia esistenza?
- Quando io non sarò mai più in grado di capire, di parlare e di salutare, di alimentarmi da solo, ma chi mi ama potrà toccarmi ed accarezzarmi anche se io non me ne accorgerò, se sarà ancora tecnicamente possibile mantenermi in vita fino a che punto vorrò che chi si prende cura di me si opponga alla mia morte e si adoperi per mantenermi vivo?
- Quali sono le attenzioni, le cure che allora avranno un senso per me? Alimentazione, antibiotici, trasfusioni, terapia del dolore, …? Quale sarà il motivo per cui vorrò che mi vengano somministrate?
Il secondo passaggio è quello di parlarne serenamente con una persona competente, ad esempio il proprio medico di famiglia o comunque un medico di fiducia. Meglio programmare questo incontro, in modo da disporre di un po’ di tempo in tranquillità. Al medico potremo chiedere le cose che non capiamo, farci chiarire i dubbi, orientarci. In questo senso, la legge, all’articolo 4, recita: “Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso le DAT, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari”. Non si possono fare scelte adeguate senza avere preso informazioni sufficienti, e una discussione con il proprio medico di fiducia è necessaria. Alla fine, quando scriveremo il nostro documento, sarà opportuno specificare che abbiamo discusso con lui e acquisito le informazioni mediche necessarie per prendere la nostra decisione; la cosa migliore (anche se è non indispensabile) è chiedergli che legga con noi quello che abbiamo scritto e che lo firmi come testimone della nostra volontà, assieme al fiduciario che avremo scelto.
Il terzo passaggio è quello di condividere queste riflessione con le persone che si amano. Questo ha diverse ricadute positive. La prima è che ci permette di capire bene qual è veramente il nostro progetto di vita in situazioni di così grande difficoltà, confrontandoci con le persone che sono importanti per noi. Tutte le decisioni che prendiamo hanno effetti rilevanti sulle persone che ci circondano, ma questa decisione ne ha ancora di più perché riguarda la parte finale della nostra vita e ne determina il senso e la dignità. Sono infatti le persone che ci vogliono bene che diventeranno i testimoni del nostro progetto di cura, lo proteggeranno e ci aiuteranno a portarlo a compimento, nel momento in cui noi non saremo più in grado di farlo. Per questo è importante condividerlo con loro.
Un altro motivo è che una di queste persone potrà diventare il nostro fiduciario, cioè la persona che potrà legalmente far valere i nostri desideri. La legge infatti dice chiaramente che ogni persona, quando scrive le DAT può indicare “una persona di sua fiducia, di seguito denominata «fiduciario», che ne faccia le veci e la rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie”.
La legge spiega bene le caratteristiche di questa persona. Ovviamente, deve essere una persona maggiorenne e capace di intendere e di volere. Gli chiederemo di leggere attentamente quello che abbiamo scritto, e di mettere la sua firma come segno della accettazione del suo ruolo.
Designare un fiduciario non è indispensabile, ma è una ottima opportunità per poter disporre di una persona fidata che ci conosce a fondo e che potrà rappresentarci quando non saremo più in grado di farlo da soli. Se poi per qualsiasi motivo si rendesse necessario cambiare questa persona, sarà possibile farlo senza problemi, scrivendo un altro documento.
Il fiduciario può essere anche indicato quando, insieme al medico, si procede ad una Pianificazione Condivisa delle Cure.
Come scrivere un documento che sia valido
Quando avremo deciso cosa vogliamo scrivere, è importante farlo nel modo giusto affinché quel documento sia poi valido.
La forma delle DAT è disciplinata all’art. 4 comma 6 della legge n. 219/2017 e sono previsti tre modi:
- un atto pubblico: è un documento redatto con particolari formalità (stabilite dalla legge) da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato a redigere atti pubblici. Per il caso specifico del documento di Disposizioni Anticipate di Trattamento, l’atto pubblico deve essere redatto da un notaio che trascrive quello che gli diciamo ed in questo modo certifica la nostra volontà.
- una scrittura privata autenticata: è un documento sottoscritto (cioè firmato) da un cittadino per il quale la firma sia autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato. La differenza rispetto all’atto pubblico è che nella scrittura privata la dichiarazione è scritta dalla persona ed il pubblico ufficiale si limita ad attestare che il dichiarante l’ha firmata in sua presenza. In questo ultimo caso, è possibile preparare il documento a casa e portarlo di persona presso il pubblico ufficiale; è comunque necessario firmare il documento in sua presenza ed il pubblico ufficiale provvederà alla autenticazione della stessa ma non fornisce alcuna garanzia riguardo al contenuto.
- una scrittura privata (cioè un documento, anche non autenticato) consegnata personalmente dal dichiarante presso l’Ufficio dello stato civile del comune di residenza che provvede all’annotazione in un apposito registro, dove istituito (come da circolare già emanata del Ministero dell’interno). Tale registro è attualmente presente in molti comuni della provincia di Vicenza. In questo caso, chi ritira il documento certifica solamente di averlo ricevuto.
Nel caso in cui le condizioni fisiche della persona non consentano la redazione della scrittura (per esempio, se la persona ha problemi di mobilità delle mani) le DAT possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare. In questo caso, è opportuno prendere contatto con il proprio medico di fiducia e concordare con lui la modalità più adeguata.
Cosa scrivere
Vi sono alcuni aspetti importanti da tenere presente:
- le scelte vanno fatte all’interno di un percorso di cura: si può scrivere che si accetta o si rifiuta qualsiasi terapia medica che venga proposta; non possono essere chiesti interventi che non abbiano indicazione clinica o il cui scopo sia di provocare direttamente la morte (ad esempio, somministrazione di sostanze letali).
- è importante che il testo delle DAT contenga l’evidenza che la persona che lo scrive ha discusso con il proprio medico di fiducia ed ha acquisito le informazioni necessarie per assumere le sue decisioni.
- è utile scrivere non solo quello che non si vuole, ma anche tutto quello che si desidera venga fatto: ad esempio una sistemazione dignitosa, la cura e l’igiene fisica del corpo, il contrasto dei sintomi disturbanti (il dolore, la dispnea, l’agitazione, …); ed inoltre, anche dove si vorrebbe essere assistiti, dove e, se possibile, con chi si vuole morire.
Ma come esprimersi? Sono utili i modelli prestampati?
Per quanto riguarda il modo in cui esprimere quello che si desidera, in internet esistono molti moduli diversi: si tratta di modelli che contengono una lista di possibili interventi (tracheostomia, ventilazione artificiale, PEG, …) per ognuno dei quali è necessario segnare con una crocetta se si accettano o no; si tratta cioè di fornire istruzioni precise per ogni diversa possibilità terapeutica che può esser usata nelle più comuni situazioni di fine vita. Bisogna però fare molta attenzione perché l’utilizzo del solo modulo espone a dei rischi. È difficile infatti prevedere tutti gli interventi che potrebbero essere possibili e le diverse situazioni che potrebbero verificarsi. Ma il rischio è soprattutto che ci si concentri molto sulle procedure e sugli interventi e poco sul loro senso e sul momento del loro utilizzo. Quello che in genere le persone chiedono è di essere curate finché la cura permette loro di riacquistare o mantenere una vita dignitosa; quello che molti non vogliono è di morire “attaccati ad una macchina”.
Quello che importa, in altre parole, non è tanto quello che viene fatto, ma perché ed a cosa ci porta. Per questo, come scritto prima, è importante esporre con chiarezza anzitutto i propri valori, cioè come ognuno definisce quella che considera per sé una vita dignitosa ed accettabile e per la quale chiede a chi sarà responsabile della sua cura l’avvio o la prosecuzione di trattamenti clinici. È utile in questo senso indicare il limite oltre il quale non si considera più accettabile una terapia medica. Per qualcuno, questo limite potrebbe essere la possibilità di avere coscienza di sé e di quanto lo circonda, di provare e riuscire esprimere affetti e sentimenti, di potere pensare e comunicare con le persone; se è così, potrà disporre che – una volta che avesse perso irreversibilmente ed in maniera significativa tali capacità – non vengano iniziati o che vengano comunque interrotti i supporti vitali artificiali per prolungare il suo mantenimento in vita. Per qualcun altro, invece, essere in vita può essere comunque sempre una cosa buona, anche se avrà perso per sempre la capacità di capire o comunicare; se è così, potrà chiedere di essere assistito comunque, e che gli venga assicurata tutta la terapia che i curanti riterranno clinicamente indicata.
In questo modo, si dà importanza non tanto al singolo intervento ma al senso che ognuno attribuisce alla terapia ed alla sua vita. Sarà inoltre più facile per il fiduciario e per i curanti assumere le decisioni più corrette, anche per situazioni che non sono state previste nel documento e che potrebbero comunque verificarsi.
Che garanzia abbiamo che quello che scriviamo sarà rispettato?
Le DAT sono vincolanti per il medico che ha in cura la persona. La legge prevede tuttavia che esse “possono essere disattese, in tutto o in parte, dal medico stesso, in accordo con il fiduciario, qualora esse appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita”.
È quindi evidente che abbiamo due modi perché la nostra volontà sia rispettata. Il primo è spiegare bene nel documento i nostri valori ed il nostro progetto di vita in riferimento a situazioni di terminalità, in modo che sia possibile capire che quello che abbiamo scritto è del tutto congruo con quello che davvero vogliamo. Il secondo modo è quello di avere un fiduciario che possa testimoniare la nostra volontà ed aiutare i curanti a rispettarla ed onorarla.
Come far conoscere le proprie DAT
Quando si è scritto un documento, è importante che questo sia conosciuto dai curanti, in modo che possano rispettarlo.
In attesa della entrata in funzione della banca dati nazionale destinata alla registrazione delle DAT, è opportuno quindi che la persona che le redige ne porti con sé una copia in occasione di ogni ricovero in Ospedale, affinché sia inserita nella sua cartella clinica.
È altrettanto opportuno che la persona ne consegni una copia al fiduciario ed una copia al proprio MMG, in modo che essi possano farla pervenire ai curanti nel caso in cui sopravvengano cause improvvise in cui si rendano necessarie decisioni di salute e la persona non sia cosciente (come nel caso di incidente stradale, di ictus cerebrale, di arresto cardiaco o altro).
Dalle DAT alla Pianificazione Condivisa delle cure
Ogni persona può scrivere le DAT finché sta bene. Nel momento in cui dovesse ammalarsi, soprattutto nel caso di una malattia cronico-degenerativa, è utile ed opportuno che essa riprenda in mano il suo documento assieme ai suoi curanti. Con loro, ricevute tutte le informazioni necessarie rispetto al decorso della malattia ed alle cure possibili, potrà pianificare tutto il suo futuro percorso di cura concordando i tempi ed i modi dell’assistenza e cosa vorrà che le venga fatto e cosa invece ritiene di rifiutare (interventi chirurgici, trasfusioni di sangue, antibiotici, sondino, nutrizione artificiale, respirazione artificiale, …).
Scrivendo le DAT, la persona si basa sull’ipotesi di una situazione ipotetica; nella Pianificazione Condivisa delle Cure, invece, i curanti possono sapere con sufficiente sicurezza l’evoluzione di una malattia; in questo senso, la persona può riflettere per tempo sulle scelte di cura che dovranno essere fatte e concordarle con i curanti.
La disponibilità del Comitato di Etica per la Pratica Clinica, Azienda ULSS 8 – Berica
Il Comitato di Etica per la Pratica Clinica, Azienda ULSS 8 – Berica è da sempre disponibile per affiancare per persone nel loro percorso di cura. Può essere consultato anche da persone e da professionisti (MMG) che desiderano essere aiutati nella stesura delle proprie DAT.
Da Giugno 2019 è stato attivato uno sportello di consulenza etica aperto una mattina al mese con orario 8.30 – 14.30. Gli incontri si terranno in Area De Giovanni (nei locali della Psicologia Ospedaliera) in ambienti privi di barriere architettoniche.
L’accesso è previo appuntamento concordato con la segreteria.