L’ospedale di Vicenza è il primo in Veneto e tra i primi a livello nazionale
a utilizzare la “elettroporazione”. Già trattati con successo i primi 5 pazienti
Per il trattamento della fibrillazione atriale la nuova frontiera di chiama “elettroporazione”, e l’ospedale di Vicenza è il primo in Veneto – e tra i primi in Italia – ad avere utilizzato questa metodica all’avanguardia.
Sono già 5 i pazienti sottoposti con successo a questa particolare forma di ablazione presso l’Unità Opèerativa Complessa di Cardiologia diretta dal dott. Francesco Caprioglio, con altrettante procedure eseguite dall’equipe diretta dal dott. Antonio Rossillo, responsabile dell’U.O.S. di Elettrofisiologia ed Elettrostimolazione dell’Ospedale San Bortolo.
Gli interventi sono stati effettuati in anestesia generale – grazie al supporto fornito dall’equipe diretta dal dott. Vinicio Danzi, responsabile dell’U.O.C. di Anestesia e Rianimazione – e senza complicanze, tanto è vero che tutti i pazienti sono stati precocemente dimessi.
A spiegare la peculiarità di questa metodica è il dott. Caprioglio: «Per il trattamento della fibrillazione atriale il primo approccio terapeutico generalmente è farmacologico, ma quando i farmaci risulta inefficaci si procede con l’ablazione transcatetere. Questa tecnica viene eseguita per via transvenosa, dunque senza intervento chirurgico, ed ha lo scopo di isolare elettricamente le aree dove la fibrillazione atriale si innesca. Fino ad oggi tutte le procedure di ablazione cardiaca per il trattamento delle aritmie creano una lesione termica, mediante radiofrequenza (lesione calda) o crioablazione (lesione fredda), ma nonostante l’evoluzione e i miglioramenti apportati nel tempo queste forme di erogazione di energia possono comunque comportare potenziali danni alle strutture
vicine».
Proprio questo è il vantaggio della “elettroprorazione”: «Questa tecnica – spiega ancora il dott. Caprioglio – è basata su una nuova tecnologica che consente di generare una lesione elettrica sul punto da cui ha origine la fibirllazione, applicando un’elevata energia per frazoni di secondi, garantendo tempi procedurali molto ridotti e un’elevata selettività dei tessuti con livelli di protezione e sicurezza inimmaginabili prima d’ora. In questo modo, Il tessuto cardiaco viene colpito
selettivamente, senza coinvolgere aree circostanti critiche quali, per esempio, l’esofago o i nervi principali o le strutture vascolari. Per questo motivo l’elettroporazione è ritenuta da molti clinici una fonte di energia affidabile e molto promettente per il trattamento della fibrillazione atriale».
«Questa nuova opportunità terapeutica – sottolinea la dott.ssa Maria Giuseppina Bonavina, Direttore Generale dell’ULSS 8 Berica – conferma la qualità del reparto di Cardiologia del San Bortolo, che è certamente tra i più avanzati a livello nazionale, e ci consentirà di curare in modo ancora più efficace e in piena sicurezza pazienti affetti da una patologia che come sappiamo è molto diffusa e
rappresenta un grave pericolo per la salute della popolazione, soprattutto anziana».
Sono proprio i numeri, infatti, a sottolineare l’importanza di questa innovazione: la fibrillazione atriale è infatti uno dei disordini più frequenti del ritmo cardiaco, colpisce in particolare gli anziani, con percentuali che vanno dall’1,3% per pazienti sotto i 65 anni al 9-10% per quelli sopra i 76 anni, ed è responsabile del 20% degli ictus ischemici.
Come noto, la fibrillazione atriale è caratterizzata da un’attività elettrica caotica nelle camere superiori del cuore (atri), con conseguente rischio di formazione di coaguli di sangue ed elevata possibilità di ictus. Lo “stroke” colpisce ogni anno 200.000 italiani e rappresenta tuttora la prima causa di morte e la terza di invalidità. Inoltre, per chi soffre di fibrillazione atriale, il rischio di ictus
è di 3-5 volte superiore rispetto ad altri pazienti e con una mortalità più elevata.