Per la prima volta in Italia è stata messa a punto dalla Neurochirurgia dell’ospedale di Vicenza: a sei mesi dall’intervento sul primo paziente, le sue crisi sono scomparse.
Una metodica all’avanguardia, utilizzata per la prima volta in Italia per curare le forme più gravi di epilessia farmaco-resistenti: accade a Vicenza, dove lo staff dell’Unità Operativa Complessa di Neurochirurgia dell’ospedale San Bortolo ha messo a punto una particolare tecnica basata sull’utilizzo del laser.
Il primo paziente, un uomo di 50 anni residente a Montebelluna (TV), è stato trattato già nel mese di gennaio e a sei mesi dall’intervento è ora possibile comunicare i risultati preliminari, che sono estremamente positivi: le crisi infatti, che in precedenza si verificavano più volte al giorno quasi tutti i giorni, sono del tutto scomparse, lasciando il posto solo a sintomi leggeri (intorpidimento e formicolio alle braccia) e di breve durata, tanto che il paziente ha già potuto riprendere una regolare attività lavorativa.
«Ancora una volta – sottolinea il Direttore Generale dell’ULSS 8 Berica Giovanni Pavesi – il San Bortolo si distingue per l’utilizzo di metodiche all’avanguardia, a livello regionale e, come in questo caso, anche a livello nazionale. Un risultato che è particolarmente rimarchevole anche perché è frutto di un lavoro di équipe condotto da specialisti di diversi reparti».
Il paziente è stato infatti assistito da un gruppo di lavoro attivo già da diversi anni al San Bortolo, dedicato proprio allo studio e al trattamento dell’epilessia: «Il team – spiega il dott. Salvatore Barra, Direttore Sanitario dell’ULSS 8 Berica – nasce sulle base di alcune specifiche competenze presenti nel nostro ospedale: infatti già da molti anni presso la nostra Neurologia è attivo il Centro Regionale per l’Epilessia, che al momento segue circa 4.500 pazienti, mentre presso la Neurochirurgia vi è il Centro di Centro di Riferimento regionale per la Neurochirurgia Funzionale e Stereotassica, unico in Veneto. Da alcuni anni abbiamo quindi costituito un gruppo di lavoro specifico per la diagnosi e il trattamento dell’epilessia, coordinato dal dott. Lorenzo Volpin, direttore della Neurochirurgia, del quale fanno parte anche il dott. Massimo Piacentino, neurochirurgo, la dott.ssa Federica Ranzato, neurologa, responsabile del Centro Epilessie e il dott. Paolo Bonanni, responsabile della sezione Epilettologia dell’Istituto Medea di Conegliano, il Dr. Valerio Vitale della Neuroradiologia, la Dr.ssa Lara Zordan neuropsicologa».
«Come noto – spiega la dott.ssa Federica Ranzato – l’epilessia è una malattia fortemente invalidante, con una diffusione molto più elevata di ciò che si potrebbe comunemente pensare: ne soffrono circa 50 mila persone solo in Veneto. Circa il 30-35% dei malati risulta farmaco-resistente, ma per un 50% di questi ultimi è possibile intervenire per via chirurgica».
«Ci riuniamo una volta la settimana – spiega il dott. Lorenzo Volpin – esaminando le cartelle cliniche dei pazienti che non rispondono alla normale terapia farmacologica. Nei casi più semplici è possibile individuare la lesione responsabile della malattia e procedere quindi con la sua rimozione chirurgica, ma a Vicenza siamo andati oltre, riuscendo a intervenire con successo anche dove in apparenza non vi è una lesione visibile. Questo grazie anche ai progressi nella diagnostica: con un sofisticato lavoro di indagine, oggi riusciamo a individuare le aree cerebrali che riteniamo possano essere responsabili della genesi delle crisi. Lo facciamo attraverso l’uso congiunto della risonanza magnetica, della pet e con lo studio elettroencefalografico (video-egg) di superficie e di profondità. In questo modo riusciamo a individuare alterazioni o malformazioni che in passo inevitabilmente sfuggivano».
La rivoluzione dell’intervento mediante il laser
La metodica tradizionale per la cura dell’epilessia mediante intervento chirurgico prevede una lobectomia, ovvero un’incisione al fine di asportare la lesione o comunque l’area che si ritiene responsabile dell’origine delle crisi. «Questo – prosegue Volpin – a condizione però che siano zone asportabili senza causare gravi danni funzionali al paziente, ed è proprio qui il vantaggio della metodica che abbiamo messo a punto a Vicenza: anziché effettuare una lobectomia, pratichiamo un’incisione di soli 2,6 mm di diametro, attraverso la quale inseriamo un catetere con all’interno il laser, fino a raggiungere sotto la guida della TC stereotassica la lesione, che viene quindi “bruciata” valutando la progressione della ablazione sulle immagini della risonanza in tempo reale . In questo modo riusciamo a intervenire anche su lesioni piuttosto grandi, fino a un diametro di circa 2,5 cm, situate in zone non raggiungibili con la metodica tradizionale senza compromettere gravemente le funzionalità cerebrali. E in ogni caso si tratta di un intervento non demolitivo».
Le altre terapie
«L’approccio mediante il laser è risolutivo ed eventualmente ripetibile – spiega il dott. Massimo Piacentino, neurochirurgo del San Bortolo – così come quello chirurgico di tipo tradizionale. Nei casi in cui questi non sono possibili, comunque, a Vicenza possiamo offrire ai pazienti anche altre opzioni terapeutiche. Per focolai molto estesi, troppo grandi da asportare o bruciare, possiamo utilizzare la radiofrequenza per ridurre la vastità della lesione e completare in seguito con altre metodiche mininvasive ed alleviare le crisi, pur senza farle scomparire del tutto. Inoltre, per i pazienti nei quali non è possibile un intervento risolutivo, esistono anche terapie di tipo semi-palliativo, finalizzate a ridurre almeno il numero e intensità delle crisi: si tratta della stimolazione del nervo vago e la stimolazione cerebrale profonda. Entrambe queste metodiche riducono di circa il 50% le crisi, con la prima che in letteratura internazionale ha una casistica più ampia, ma la seconda essendo di introduzione più recente presenta forse maggiori margini di miglioramento per il futuro».
La casistica
Complessivamente, negli ultimi 3 anni all’ospedale San Bortolo sono stati trattati oltre 50 malati di epilessia farmaco-resistenti. Più in dettaglio, oltre al primo paziente già operato con il laser sono state eseguite anche 30 craniotomie, 9 stimolazioni vagali, 12 stimolazioni profonde e 8 interventi per il posizionamento elettroencelografie di profondità e 3 interventi di termoablazione in radiofrequenza.