La piccola paziente, nata con spina bifida aperta, è stata operata con successo grazie ad un lavoro di équipe multidisciplinare.
Francesca (nome di fantasia) è venuta alla luce al San Bortolo dopo sole 31 settimane di gravidanza, ma la prematurità era solo una delle sfide che si è trovata subito ad affrontare: è nata infatti affetta da una malformazione denominata mielomeningocele, una tipologia di spina bifida aperta particolarmente grave in quanto determina la mancata chiusura della colonna vertebrale e dei tessuti muscolari e cutanei nella parte inferiore della schiena, con l’esposizione del midollo spinale.
Ciò comporta innanzitutto un elevato rischio infettivo (meningite) con conseguente necessità di eseguire una rapida riparazione del difetto, oltre a possibili conseguenze neurologiche a lungo termine come deficit motori e/o deficit sfinterici.
Accanto a questa malformazione congenita, inoltre, la paziente è nata anche affetta da idrocefalo, patologia spesso associata al mielomeningocele che consiste in un accumulo di liquor nei ventricoli cerebrali e che se non trattata può provocare a propria volta gravi conseguenze a livello motorio e cognitivo.
Così, appena due giorni dopo la nascita, la piccola paziente veniva sottoposta ad un raro e complesso intervento di Neurochirurgia, durato oltre 4 ore, durante il quale è stata riparata la parte terminale (più bassa) del midollo spinale, isolata e liberata con tecnica microchirurgica dai tessuti malformati e ricostruita la membrana che racchiude il midollo spinale.
Nella stessa seduta operatoria, inoltre, i neurochirurghi hanno trattato anche l’idrocefalo, tramite l’applicazione di una derivazione ventricolo-peritoneale per controllare la pressione nel cervello e permettere il drenaggio del liquor in eccesso.
«Questo intervento d’eccezione dimostra l’elevatissimo grado di competenze della Neurochirurgia del San Bortolo – sottolinea la dott.ssa Patrizia Simionato, Direttore Generale dell’ULSS 8 Berica – e allo stesso tempo la presenza all’interno dell’ospedale di Vicenza di un grande spirito di collaborazione tra le diverse équipe, che è essenziale nel trattare i casi più complessi. La paziente, che oggi è fuori pericolo, ha di fronte a sé ancora un percorso molto lungo, e con lei i suoi genitori: auguriamo a tutti loro il meglio e continueremo ad assisterli per tutte le necessità future».
«È stato un grande lavoro di équipe – sottolinea il dott. Lorenzo Alvaro, direttore facente funzione della Neurochirurgia dell’ospedale di Vicenza -, a partire dal servizio di Diagnosi Prenatale che ha individuato la patologia durante la gravidanza. Molto importante inoltre è stato anche il ruolo dei chirurghi plastici, così come dei colleghi della Chirurgia Pediatria, che ci hanno supportato nell’installazione della derivazione peritoneale e soprattutto hanno eseguito una serie di iniezioni di ozono per accelerare la guarigione della ferita, così da scongiurare il rischio di infezioni. E poi ancora va sottolineato il contributo dei neurofisiologi, che durante l’intervento hanno verificato la vitalità dei tessuti nervosi su cui andavamo via via ad intervenire, e naturalmente il delicato ruolo svolto nel decorso post operatorio dal personale della Terapia Intensiva Neonatale, diretto dalla dr.ssa Stefania Vedovato ed afferente al Dipartimento Materno Infantile diretto dal dr Massimo Bellettato”.
Entra più nel dettaglio della procedura chirurgica il dott. Alessandro Segna, il neurochirurgo che ha eseguito l’intervento: «La riparazione del mielomeningocele “aperto” (con le strutture nervose esposte) è una procedura rara: al San Bortolo ne eseguiamo non più di 2 o 3 l’anno. Si tratta di una procedura complessa sia per isolare e liberare il midollo spinale e le radici nervose dal tessuto malformato, controllando con la neurofisiologia intraoperatoria, indispensabile e preziosissima, le strutture nervose vitali, sia per la ricostruzione dei piani anatomici e dei tessuti deficitari che, oltretutto, in un neonato così piccolo, sono particolarmente poveri”.
Molto delicato è stato anche il ruolo della Chirurgia Plastica, come spiega il dott. Leonardo Sartore, direttore dell’U.O.C. Chirurgia Plastica dell’ospedale di Vicenza: «In questo tipo di interventi la Neurochirurgia e la Chirurgia Plastica devono lavorare in stretta sinergia, perché quando le meningi vengono reintrodotte nel canale midollare rimane un’area non protetta che è delicatissima che deve essere protetta dai pericoli di traumi e soprattutto dalle infezioni. Abbiamo dunque proceduto innestando dei lembi cutanei prelevati dal dorso, utilizzando delle speciali lenti di ingrandimento per ricercare all’interno dei lembi la presenza di microscopici vasi sanguigni così da favorire la sopravvivenza dei tessuti, mentre sulla zona da dove sono stati prelevati i lembi di pelle sono stati posizionati dei sostituti dermici che hanno favorito la guarigione della ferita. L’intervento anche dal nostro punto di vista è stato un successo: i lembi cutanei si sono mantenuti in ottime condizioni e non vi è stata alcuna infezione. Questo dimostra una volta di più l’importanza di lavorare in stretta collaborazione con i colleghi della Neurochirurgia, non solo in sala operatoria ma anche nella fase preliminare di studio e preparazione dell’intervento, durante la quale avevamo analizzato tutte le possibili variabili che potevano verificarsi, in modo da affrontare preparati ogni eventualità. Ritengo che il futuro della chirurgia stia proprio in questo tipo di collaborazione multidisciplinare».
Una menzione speciale va fatta anche per gli anestesisti, il cui compito è stato particolarmente delicato come spiega il dott. Vinicio Danzi, direttore dell’UOC Anestesia e Rianimazione dell’ospedale di Vicenza: «Dal punto di vista anestesiologico si è trattato di una procedura molto complessa, data la giovanissima età della paziente e la durata dell’intervento, che si è svolto in due parti. In sala erano presenti tre anestesiste: la dott.ssa Cosetta Rostirolla, la dott.ssa Nives Mozzo e nel secondo intervento la dott.ssa Sara Maragò. Va sottolineato che sul piano anestesiologico il bambino, e a maggior ragione il neonato, non è semplicemente “un piccolo adulto”, non basta dunque riparametrare in proporzione i farmaci, ma vanno fatti dei calcoli molto complessi e seguiti speciali accorgimenti. Tanto è vero che l’anestesiologia pediatrica è l’unico ambito in cui sono indicate formalmente specifiche linee guida per la formazione degli anestesisti. Per questo motivo al San Bortolo già da alcuni anni abbiamo costituito un gruppo di anestesisti dedicato e altamente specializzato per gli interventi sui pazienti pediatrici: sono 7 con una presenza H24, perché possono esserci chiaramente anche interventi d’urgenza, garantendo così sempre la sicurezza dei piccoli pazienti che necessitano di un intervento chirurgico, inclusi i nati prematuri».